Un tema di grande rilevanza oggi riguarda il modo in cui l’umanità dovrebbe gestire le proprie relazioni con il mondo della natura. Da un lato possiamo raggruppare coloro che credono che l’uomo stia esaurendo e degradando irrimediabilmente il Patrimonio Naturale ai danni del benessere delle future generazioni, se non già delle attuali, e dall’altro lato coloro che credono che la scarsità delle risorse naturali, come qualsiasi altro problema, possa essere superata dal progresso tecnico. La posizione intermedia parla di sviluppo sostenibile e molto di questo libro si ispira a questo concetto anche se, sotto traccia, serpeggiano due elementi di sostanziale pessimismo. Il primo: molte risorse naturali non hanno veri “sostituti”, come la biodiversità, o non hanno affatto sostituti, come l’acqua dolce, e per questi non c’è progresso tecnico che tenga, bisogna non degradarli fino al punto di non ritorno e conservarli. Il secondo: il capitalismo industriale si è per così dire “inceppato” trasformandosi in un capitalismo finanziario del tutto inadatto a gestire i problemi economici di lungo periodo legati ai beni comuni, pubblici, e alle esternalità globali. L’ accento sulle meraviglie di efficienza del mercato è privo di fondamento. Gli economisti non improvvisati, sanno che affinché i mercati siano efficienti occorre che esistano condizioni di “libera e perfetta concorrenza” e non ci siano esternalità né beni pubblici. Peccato si viva in un mondo di oligopolisti con grande potere di mercato e di influenza sui sistemi di governo. Credo nel valore della conoscenza e mi piace passare questo messaggio agli studenti: sapranno cosa farne.