Federico Montanari è professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, dove insegna Visual e Media Studies, Teorie della comunicazione, e Sociosemiotica e Studi culturali, e dopo aver insegnato in diverse altre università, anche all’estero. Si occupa di sociologia e sociosemiotica applicata allo studio dei media, delle situazioni di guerra e di conflitto, alle tecnologie, e ai fenomeni visivi ed estetici; più recentemente in relazione alle questioni dell’ambiente e degli spazi urbani; nonché per quanto riguarda il rapporto tra immagini, tecnologie, intelligenza artificiale ed educazione. Si occupa anche di filosofia del post-strutturalismo (in particolare riguardo al pensiero di Deleuze e Guattari, e alle fonti spinoziane del loro pensiero). Su questi temi è coinvolto in diversi progetti di ricerca, anche europei, e collabora con laboratori di ricerca all’estero (Philépol, Paris Descartes; Projekt-Design et Innovation Sociale, Nîmes) ed è membro di commissioni di Dottorato, tra cui Childhood Studies, Data Science (Unimore).
Il libro propone una riflessione critica e multidisciplinare sul rapporto tra immagini, comunicazione e conflitto, intrecciando approcci sociologici, socio-semiotici e culturali. In un’epoca segnata dalla proliferazione di immagini – vere, false, ibride, generate da intelligenze artificiali – il tema delle guerre e delle loro rappresentazioni mediatiche assume una nuova urgenza. Ogni crisi globale o evento mediale, dalle guerre ai conflitti culturali online, richiede strumenti capaci di leggere la complessa relazione tra visibile e dicibile, tra ciò che le immagini mostrano e i discorsi che le accompagnano. Il sistema dei media contemporaneo, in particolare quello digitale e “piattaformizzato”, contribuisce a costruire atmosfere di guerra e cornici interpretative che influenzano la percezione pubblica. Permane uno sbilanciamento eurocentrico nella rappresentazione dei conflitti, mentre nuove forme narrative emergono dai social media, dove commenti, reaction, meme e remix costituiscono vere e proprie reti discorsive. La questione centrale diventa quella della massa visiva: un flusso ininterrotto di immagini che richiede nuovi approcci, capaci di combinare analisi qualitative e computazionali (“big visuals”). Piattaforme come Instagram o TikTok funzionano oggi come ecosistemi visuali totali, in cui le logiche algoritmiche determinano ciò che appare e ciò che resta invisibile. Gli studi raccolti spaziano dalle immagini della memoria di Srebrenica ai media geolocalizzati, fino alle nuove forme di guerra ibrida. L’obiettivo è costruire una mappa critica dei processi attraverso cui immagini e discorsi producono e negoziano le nostre forme contemporanee di realtà, memoria e immaginario collettivo.